Può succedere che un amico molto caro o un parente stia passando un periodo più complesso del solito e che, nonostante le diffidenze del passato, abbia deciso di rivolgersi ad uno psicologo. E chi più di Te può comprenderlo, capirlo e soprattutto conoscere dettagli senza sia necessario ripeterli?
Può succedere che una persona che ha intrapreso un percorso psicologico per affrontare e gestire le proprie difficoltà, trovando giovamento ed un maggior benessere psicologico, condivida tali pensieri e vissuti positivi con i propri familiari o amici. L’entusiasmo con cui vengono riportati e condivisi i propri miglioramenti ed il raggiungimento dei propri obiettivi, possono indurre la persona stessa o i parenti e amici a richiedere di intraprendere un percorso di sostegno con il medesimo psicologo.
Tali richieste vanno gestite con cura e attenzione in quanto un gentile rifiuto va spiegato come merita, per non deludere parenti, amici, pazienti o altre persone a loro care.
Quali sono le indicazioni del codice deontologico degli psicologi italiani?
L’articolo 28 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani sottolinea l’importanza di evitare sovrapposizioni tra il ruolo professionale dello psicologo e la sua vita privata, al fine di proteggere l’integrità della pratica professionale e l’immagine della professione nella società. Ecco i punti principali trattati nell’articolo e il loro significato:
1. Evitare commistioni tra vita privata e professionale
Lo psicologo deve essere particolarmente attento a non mescolare la propria vita privata con quella professionale, in quanto tali commistioni possono interferire negativamente sulla qualità degli interventi. Questo principio ha diverse implicazioni:
- Imparzialità e professionalità: Se la vita privata interferisce con l’attività clinica, lo psicologo rischia di perdere l’imparzialità e l’obiettività necessarie per fornire un supporto efficace al cliente.
- Impatto sull’immagine della professione: Qualora lo psicologo non rispettasse questa linea di separazione, potrebbe danneggiare non solo la relazione con il singolo paziente, ma anche l’immagine pubblica della professione. La fiducia del pubblico è essenziale per il lavoro degli psicologi, e un comportamento che crei sospetti o ambiguità etiche può avere un impatto negativo su tutta la categoria.
2. Divieto di interventi su persone con cui ci sono o ci sono state relazioni personali significative
L’articolo proibisce in modo esplicito allo psicologo di effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o psicoterapeutici su persone con le quali ha avuto, o ha, relazioni personali significative, specialmente di natura affettivo-sentimentale o sessuale. Questa regola è fondamentale per:
- Evitare conflitti di interesse: Relazioni affettive o sessuali con i pazienti creano un chiaro conflitto di interesse. Lo psicologo potrebbe non essere in grado di mantenere l’oggettività necessaria per trattare adeguatamente il paziente.
- Proteggere il paziente: Le relazioni personali significative, soprattutto quelle affettive o sessuali, possono creare un’influenza sproporzionata o una manipolazione emotiva, mettendo a rischio il benessere del paziente.
- Mantenere la professionalità: Coinvolgersi emotivamente o sentimentalmente con un paziente mina la fiducia necessaria nella relazione terapeutica e può anche risultare in un abuso di potere, dato il rapporto di dipendenza che spesso si crea durante il percorso psicologico o psicoterapeutico.
3. Grave violazione deontologica
Lo psicologo che violi questo articolo del codice commette una grave violazione deontologica. Questo tipo di comportamento viene visto con grande severità poiché mina le basi della pratica etica della professione. Le possibili conseguenze di tale violazione possono includere sanzioni disciplinari da parte dell’Ordine degli Psicologi, che potrebbero portare a:
- Richiami formali o ammonimenti.
- Sospensioni temporanee dall’albo professionale.
- Radiazione dall’albo nei casi più gravi, dove la fiducia tra professionista e paziente è completamente compromessa.
Conclusione
L’articolo 28 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani rappresenta una protezione per i pazienti, garantendo che la pratica professionale degli psicologi sia improntata all’etica, all’imparzialità e alla tutela della relazione terapeutica. Separare vita privata e professionale è un elemento chiave per assicurare un intervento psicologico efficace, neutrale e rispettoso dei diritti e della dignità della persona.
Quando lo psicologo si rende conto che una relazione personale potrebbe compromettere la propria capacità di mantenere un approccio neutrale e obiettivo, o che potrebbe arrecare danno all’immagine della professione, è eticamente corretto:
- Inviare la persona a un collega per garantire che l’intervento psicologico sia svolto in un contesto professionale privo di influenze personali.
- Informare il collega e la persona stessa della motivazione, mantenendo trasparenza nel rispetto della relazione professionale.
Questo tipo di invio rispetta il principio di colleganza previsto dal Codice Deontologico, che incoraggia la collaborazione tra professionisti per assicurare che il paziente riceva un intervento adeguato, privo di influenze esterne. Tale prassi tutela sia il paziente che lo psicologo, permettendo di preservare un’adeguata distanza emotiva e un intervento oggettivo.
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