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Giovani e autolesionismo

Giovani e autolesionismo

L’autolesionismo tra i giovani è un comportamento complesso e preoccupante, in cui una persona si ferisce intenzionalmente senza l’intento di suicidarsi. Questo comportamento può includere tagliarsi, bruciarsi, colpirsi o farsi del male in altri modi. È un modo per affrontare emozioni intense e difficili, e viene spesso utilizzato come tentativo di gestione dello stress emotivo. Esistono diverse motivazioni alla base dell’autolesionismo e varie modalità di intervento psicoterapeutico, tra cui la terapia cognitivo-comportamentale (TCC), che ha dimostrato una particolare efficacia.

Motivazioni dell’autolesionismo tra i giovani

Le motivazioni per cui un giovane si fa del male possono variare ampiamente, ma alcune delle cause psicologiche e comportamentali più comuni includono:

  1. Regolazione emotiva
    • Molti giovani utilizzano l’autolesionismo per gestire emozioni intense come ansia, depressione, rabbia, senso di vuoto o stress. Infatti, farsi del male fisico può, paradossalmente, fornire un sollievo temporaneo dal dolore emotivo o da sentimenti di sopraffazione.
    • L’autolesionismo può anche essere un modo per “sentire qualcosa” quando si sperimenta una dissociazione emotiva o un senso di vuoto.
  2. Evasione o distrazione
    • Farsi del male può servire come distrazione da pensieri angoscianti o da problemi percepiti come insormontabili. Alcuni giovani riferiscono che il dolore fisico è più gestibile del dolore emotivo, e l’atto di autolesionarsi permette loro di allontanarsi temporaneamente da pensieri negativi o pressioni esterne.
  3. Autopunizione
    • Spesso, dietro l’autolesionismo c’è una forma di autocritica o autopunizione. Alcuni giovani provano sentimenti di colpa o vergogna e si autoinfliggono dolore come “punizione” per ciò che percepiscono come errori o inadeguatezze.
  4. Richiesta di aiuto e comunicazione del dolore
    • L’autolesionismo può essere anche un modo per comunicare silenziosamente il proprio disagio e chiedere aiuto senza doverlo fare verbalmente. Non sempre questo comportamento è un tentativo consapevole di attirare attenzione, ma piuttosto una manifestazione visibile di una sofferenza interna che non riescono a esprimere in altro modo.
  5. Sentirsi in controllo
    • In situazioni in cui un giovane si sente fuori controllo rispetto alla propria vita o alle proprie emozioni, l’autolesionismo può offrire un senso temporaneo di controllo su qualcosa: il proprio corpo e il proprio dolore.
  6. Appartenenza a gruppi sociali
    • L’influenza sociale, specialmente nei gruppi di pari, può giocare un ruolo. Alcuni giovani possono iniziare a praticare l’autolesionismo perché lo vedono fare da amici o da altre persone online, dove questo comportamento è talvolta romanticizzato o normalizzato.

Interventi psicoterapeutici per l’autolesionismo

Esistono diverse forme di intervento psicoterapeutico efficaci per affrontare l’autolesionismo. L’obiettivo principale è comprendere le cause sottostanti, insegnare ai giovani modalità più sane di gestire le emozioni e ridurre i comportamenti autolesionistici.

1. Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC)

La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è una delle modalità più utilizzate ed efficaci per trattare l’autolesionismo. La TCC si concentra su come i pensieri, le emozioni e i comportamenti siano interconnessi, e mira a ristrutturare i pensieri disfunzionali che portano al comportamento autolesionistico.

  • Identificazione dei pensieri automatici negativi: La TCC aiuta il giovane a identificare i pensieri automatici negativi che scatenano il bisogno di farsi del male. Questi pensieri potrebbero includere affermazioni come “Non valgo nulla” o “Non riesco a sopportare questa emozione”, che vengono poi ristrutturati in pensieri più equilibrati e realistici.
  • Sviluppo di alternative comportamentali: Un aspetto cruciale della TCC è insegnare al giovane delle strategie di coping alternative per gestire le emozioni difficili senza ricorrere all’autolesionismo. Queste possono includere tecniche di rilassamento, esercizi di respirazione, attività creative o l’uso di tecniche di distrazione (come stringere un cubetto di ghiaccio o disegnare).
  • Ristrutturazione cognitiva: La TCC incoraggia i giovani a mettere in discussione e modificare i pensieri irrazionali che possono alimentare l’autolesionismo. Ad esempio, il pensiero “Non posso gestire questa sensazione” può essere ristrutturato in “Questa emozione è difficile, ma posso trovare un modo più sano per affrontarla.”
  • Esposizione graduale alle emozioni: Spesso, i giovani che si autolesionano cercano di evitare emozioni dolorose o scomode. La TCC utilizza tecniche di esposizione emotiva graduale, insegnando al paziente a tollerare progressivamente le emozioni difficili senza ricorrere all’autolesionismo.

2. Terapia Dialettico-Comportamentale (DBT)

La terapia dialettico-comportamentale (DBT), un’estensione della TCC, è particolarmente utile per i giovani che si autolesionano, soprattutto quando ci sono problemi legati alla regolazione emotiva e alla difficoltà nel gestire lo stress.

  • La DBT insegna abilità specifiche di regolazione emotiva, come il riconoscimento e la gestione delle emozioni difficili, e abilità di tolleranza allo stress per affrontare le crisi senza ricorrere all’autolesionismo.
  • Viene inoltre insegnata la consapevolezza (mindfulness), che aiuta i giovani a vivere il presente senza giudizio e a essere più consapevoli dei loro pensieri e sentimenti senza sentirsi sopraffatti da essi.

3. Terapia Familiare

L’autolesionismo non riguarda solo il singolo individuo, ma spesso ha radici nelle dinamiche familiari o relazionali. La terapia familiare può essere utile per migliorare la comunicazione e il supporto all’interno della famiglia, permettendo ai genitori e ai fratelli di comprendere meglio il comportamento del giovane e di imparare strategie per fornirgli supporto emotivo.

4. Psicoeducazione

L’educazione sul comportamento autolesionistico è fondamentale sia per il giovane che per la sua famiglia. Spesso, né il giovane né i suoi genitori comprendono appieno le motivazioni alla base dell’autolesionismo. La psicoeducazione aiuta a normalizzare il bisogno di aiuto e a ridurre la stigmatizzazione, favorendo un ambiente di comprensione e supporto.

5. Gestione delle crisi e prevenzione delle ricadute

Un approccio importante nella psicoterapia per l’autolesionismo è insegnare al giovane come gestire le crisi future e prevenire le ricadute. Questo include:

  • L’identificazione dei fattori scatenanti del comportamento autolesionistico.
  • Lo sviluppo di un piano di sicurezza, che prevede azioni da intraprendere in caso di impulso autolesionistico.
  • Monitoraggio del comportamento e del miglioramento attraverso strumenti come diari emozionali o schede di auto-osservazione.

Conclusione

L’autolesionismo tra i giovani è un problema complesso che può avere molte cause, tra cui la difficoltà a gestire emozioni intense, la ricerca di controllo o la comunicazione di un dolore interiore. La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è un intervento efficace per aiutare i giovani a comprendere le cause del loro comportamento, a sviluppare strategie alternative per affrontare lo stress emotivo e a migliorare il loro benessere generale. L’integrazione di altri approcci psicoterapeutici, come la DBT e la terapia familiare, può ulteriormente rafforzare il percorso di guarigione, migliorando il supporto emotivo e fornendo strumenti per una gestione più sana delle emozioni.

Fonte foto: Emiliano Vittoriosi (@emilianovittoriosi) | Unsplash Photo Community

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