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I Disturbi della comunicazione: la Balbuzie

I Disturbi della comunicazione: la Balbuzie

Alcuni giorni fa ho seguito un webinar sulle balbuzie organizzato da Psicodizione e tenuto in modo impeccabile dalla Dottoressa Chiara Comastri, Psicologa ed ex balbuziente che ha ideato il metodo Psicodizione per il trattamento della balbuzie e conduce conferenze informative gratuite, insegna nei corsi e campus (Vi invito a dare più di un’occhiata) di tutta Italia. Questo mi ha spinto ha “studiare” un pò l’argomento che è molto complesso e interessante.

Oggi, oltre il 10% dei bambini soffre di un disturbo di comunicazione. Un problema in un’area della comunicazione può avere ripercussioni su un’altra. Ad esempio, le ipoacusie inficiano la capacità di regolare l’intonazione o il tono della voce e possono risultare in un disturbo vocale. La perdita dell’udito causata da un’infezione dell’orecchio può interferire con lo sviluppo del linguaggio. Tutti i disturbi di comunicazione, inclusi i disturbi della voce, possono interferire con il rendimento scolastico e le relazioni sociali del bambino.

I Disturbi della comunicazione comprendono:

  • Deficit dell’eloquio (eloquio: produzione espressiva di suoni).
  • Deficit del linguaggio (linguaggio: forma, funzione e uso di un sistema convenzionale di simboli governato da regole della comunicazione).
  • Deficit della comunicazione (comunicazione: qualunque comportamento verbale o non verbale che influenza il comportamento di un altro soggetto).

Ovviamente, per valutare questi deficit bisogna tener conto del contesto culturale di appartenenza. I Disturbi della comunicazione compresi nel DSM-5 sono:

  • Disturbo del linguaggio
  • Disturbo fonetico – fonologico
  • Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia (balbuzie)
  • Disturbo della comunicazione sociale (pragmatica)
  • Disturbo della comunicazione senza specificazione.

Il Disturbo che ha maggiormente attratto la mia attenzione, probabilmente legato al fatto che ho incontrato molte persone, nella mia vita personale e professionale che soffrivano di questo disturbo, e’ quello della fluenza con esordio nell’infanzia, la cosiddetta balbuzie i cui criteri diagnostici, cosi come riportati dal DSM 5 sono i seguenti:

A. Alterazioni della normale fluenza e della cadenza dell’eloquio che sono inappropriate per l’età dell’individuo e per le abilità linguistiche, persistono nel tempo e sono caratterizzate dal frequente e marcato verificarsi di uno (o più) dei seguenti elementi:

  1. Ripetizioni di suoni e sillabe;
  2. Prolungamenti dei suoni delle consonanti, così come delle vocali;
  3. Interruzioni di parole (es. pause all’interno di una parola);
  4. Blocchi udibili e silenti (pause del discorso colmate o non colmate);
  5. Circonlocuzioni (sostituzioni di parole per evitare parole problematiche);
  6. Parole pronunciate con eccessiva tensione fisica;
  7. Ripetizioni di intere parole monosillabiche (es. “lo-lo-lo-lo vedo”)

B. L’alterazione causa ansia nel parlare o limitazioni dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale, o del rendimento scolastico o lavorativo, individualmente o in qualsiasi combinazione;

C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo (Nota: i casi con esordio tardivo sono diagnosticati come “Disturbo della fluenza con esordio nell’età adulta”);

D. L’alterazione non è attribuibile a deficit motori dell’eloquio o a deficit sensoriali, a disfluenza associata a danno neurologico (es. ictus cerebrale, tumore, trauma) o ad altra condizione medica e non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale.

Le caratteristiche diagnostiche e diagnosi differenziale si riferiscono invece alla manifestazione principale che è l’alterazione della normale fluenza e della cadenza dell’eloquio rispetto all’età dell’individuo.

Sono presenti ripetizioni di sillabe, parole o pause del discorso e parole pronunciate con molta tensione fisica.

Associato a questo deficit c’è una componente ansiogena che spesso causa e peggiora il disturbo. Infatti, di solito, la disfluenza è maggiore quando ci si sente sotto pressione (per colloqui importanti o parlare in pubblico) e generalmente è assente nel canto, nella lettura orale o nei colloqui con animali domestici. Il disturbo della fluenza ha un esordio tra i 2 e i 7 anni. Di solito emerge in maniera graduale e man mano che il disturbo peggiora. L’individuo può (essendone consapevole) mettere in atto una serie di meccanismi protettivi, come evitare di parlare in pubblico.

In genere comunque il 65% – 85% si ristabilisce dal disturbo.

I principali fattori di rischio e prognosi sono genetici e fisiologici, essendo la disfluenza un deficit di natura ereditaria. La diagnosi differenziale può essere eseguita con:

  • Deficit sensoriali: Questa diagnosi può essere posta quando, in presenza di deficit sensoriali, le disfluenze dell’eloquio sono eccessive rispetto ai deficit sottostanti.
  • Normali disfluenze dovute all’età.
  • Effetti collaterali dei farmaci: considerati verificando la presenza di una relazione temporale con l’assunzione di un determinato farmaco.
  • Disfluenze con esordio nell’età adulta (se l’esordio avviene in adolescenza non è un disturbo del neurosviluppo);
  • Disturbo di Tourette: i tic nella sindrome di Tourette sono diversi dalle disfluenza per natura e tempistica per cui vanno distinti da essi.

La terapia cognitivo comportamentale per curare la balbuzie

Il presupposto teorico di questo intervento considera la balbuzie un disturbo appreso e mantenuto secondo i principi del condizionamento classico.

Da qui l’associazione tra il dialogo e l’ansia, per paura della disapprovazione, che accompagnerà l’individuo, il genitore che ripete spesso al figlio: “Devi parlare bene, non devi sbagliare” crea delle premesse ansiogene e non facilita il processo di autocorrezione che avrebbe potuto instaurarsi.

La paura di balbettare porta a un costante attenzione sul come si deve dire che nel soggetto balbuziente è di gran lunga più importante del cosa dire.

Si innesca così il circolo vizioso dell’eccesso di controllo.

Appare quindi evidente l’importanza della prevenzione, da realizzare fornendo ai genitori informazioni utili sullo sviluppo del linguaggio per impedire l’origine e il mantenimento della balbuzie.

Il mantenimento del disturbo è spiegato dal condizionamento operante. Questo paradigma di apprendimento sottolinea l’importanza degli effetti del comportamento sull’ambiente.

Riassumendo, gli effetti che mantengono la balbuzie sono:

  • Attenzione e aiuto
  • Evitamento delle responsabilità
  • Sollievo dell’ansia dopo aver pronunciato le parole balbettate

Con quali modalità si svolge il trattamento?

Il trattamento può essere così schematizzato:

  • tecniche di respirazione e tecniche di instaurazione della fluenza;
  • rilassamento;
  • desensibilizzazione sistematica;
  • terapia cognitiva;
  • training assertivo;
  • tecniche per migliorare l’autostima (inclusa la terapia centrata sul riconoscimento, accettazione e gestione delle emozioni);
  • trattamento dei tic, qualora siano presenti.

Le principali cause della balbuzie

La sintomatologia della balbuzie può essere spiegata e analizzata attraverso tre principali gruppi di teorie:

  • Teorie organicistiche secondo cui la balbuzie rappresenta la manifestazione esteriore di una lesione specifica o di anomalie del Sistema Nervoso Centrale nelle aree del linguaggio;
  • Teorie psicogenetiche secondo cui la balbuzie deriva da un conflitto emozionale tra il parlare e il non parlare che si risolve con il balbettare;
  • Teorie foniatriche secondo cui il deficit del balbuziente deriva dalla prevalenza di movimenti abduttori della laringe.

Oltre alle teorie che spiegano la genesi della balbuzie, sono stati confermati scientificamente e statisticamente specifici fattori di rischio come ereditarietà, genere maschile, caratteristiche genitoriali. Nel caso della balbuzie, infatti, i feedback correttivi e la disapprovazione di un genitore verso le naturali disfluenze evolutive, che potrebbero manifestarsi nei primi periodi in cui il bambino impara a parlare, potranno favorire in lui un condizionamento della situazione che, da neutra diventerà temuta, determinando nel tempo lo spostamento dell’attenzione sul “come si deve dire”, piuttosto che sul “cosa dire” (Strocchi, M.C., 2003).

Sembra che il pensiero della maggior parte degli autori sia, tuttavia, accomunato dalla concezione della balbuzie considerata come il frutto di fattori organici predisponenti su cui si innescano fattori funzionali scatenanti. Molti elementi contribuiscono alla patogenesi di questo disordine e devono essere considerati prima di impostare un piano di intervento, per questo motivo è opportuno adottare un approccio multidisciplinare nella gestione del disturbo.

Intervento integrato

Gli obiettivi della terapia secondo l’American Speech Hearing Association (ASHA, 1995) devono essere adattatati e modellati a seconda delle fasce di età del paziente e dalle caratteristiche individuali che si evincono dalla fase di assessment iniziale (Tomaiuoli D., 2015). Gli obiettivi sono:

  • Ridurre la frequenza con cui si verificano gli episodi di disfluenza;
  • Ridurre la severità e la durata delle disfluenze;
  • Ridurre l’utilizzo dei comportamenti di evitamento;
  • Ridurre o eliminare gli atteggiamenti messi in atto dall’ambiente circostante che fungono da fattori di mantenimento;
  • Stimolare la persona balbuziente a modificare la gestione delle situazioni di verbalizzazione;
  • Ridurre l’attitudine alla balbuzie, modificare le convinzioni negative che spesso impediscono il consolidamento dei risultati raggiunti all’interno del setting di terapia;
  • Ridurre le reazioni emotive a specifici stimoli che interferiscono negativamente sulla fluenza o comunque non facilitano il miglioramento della stessa;
  • Se necessario, integrare il trattamento per aiutare e supportare il paziente nella risoluzione di altre difficoltà di natura logopedica, diverse dalla balbuzie;
  • Fornire informazioni utili e indicazioni necessarie ai genitori, o alle altre figure significative per la persona che balbetta, sulla balbuzie, sul percorso riabilitativo e sulla prognosi del disturbo.

Il trattamento integrato si fonda sull’idea che, la balbuzie sia una forma di “logofobia appresa”, ovvero una vera e propria fobia per il parlare, pertanto prevede l’uso di tecniche come la ristrutturazione cognitiva e l’esposizione allo stimolo fobico.

La ristrutturazione cognitiva consente di riconoscere i pensieri relativi ad un evento e le conseguenti reazioni emotive e comportamentali; si avvale del modello ABC per codificare le valutazioni soggettive circa specifiche situazioni ed i conseguenti pensieri disfunzionali. Successivamente alla codifica, tali pensieri vengono messi in discussione uno alla volta ponendosi una serie di domande.

Il razionale degli esercizi di esposizione si basa, invece, sulla constatazione che le paure siano state apprese e consolidate da processi in cui i condizionamenti giocano un ruolo determinante. Queste paure posso essere decondizionate, se le circostanze temute vengono affrontate in condizioni controllate e sistematiche.

Alle tecniche cognitivo-comportamentali, in un’ottica integrata, si associa l’intervento logopedico che prevede l’introduzione di esercizi focalizzati sull’automatizzazione dei movimenti pneumo-fono-articolatori.

Se avete difficoltà di comunicazione da quando eravate piccoli non è troppo tardi per trovare la giusta soluzione, la più adatta a Voi. Contattate uno specialista per migliorare la qualità della vostra vita.

 

 

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