Siamo Chi Siamo
“Tempo fa” fa scrissi questo articolo che sarebbe dovuto rimanere dentro il cassetto della mia scrivania di cui vado molto fiero (e che mi fu regalata ai 40). Mi sentivo “intrappolato” dentro una vita “non mia” e non potevo che darmi la responsabilità come unico “esecutore” di ogni minimo gesto di insicurezza e timore di cambiamento. Cosi, come spesso capita, ho deciso di pubblicarlo per “gli altri”, in modo che pochi o tanti vi sentiate di non essere soli in una fase della vita dalla quale tutti devono passare, trovando magari piccole strategie per cambiare vita professionale e personale (che spesso è la stessa cosa).
Ho 40 anni, anzi no, ne ho 43, quasi 44 e da un pò il mondo è rinchiuso dentro casa (o almeno ci prova; ho visto retrobotteghe allestiti a Club alcoolici). Mi sveglio ogni mattina senza aver modificato di un solo minuto la sveglia, faccio colazione, mi lavo e indosso qualcosa di comodo. Il pigiama no, quello è solo per dormire e mi farebbe sentire “malato”, in un momento in cui “essere malati” è qualcosa di davvero serio.
Ho cambiato e vissuto in molte città, ho salutato famiglia e amici, ho cercato (e trovato) altre mille famiglie (e loro hanno trovato me); ho studiato tanto ( e non smetterò mai di farlo), fatto sacrifici, cambiato mille case e preparato tante valigie. Mentre tutto questo accadeva, mi sono permesso di amare (abbastanza), di essere amato (abbastanza), ma i giornali, i libri, i guru e soprattutto noi psicologi continuiamo a ripetere (agli Altri) che anche a 40 anni si può cambiare, anche con il coronavirus che ci costringe a restare chiusi in casa, anche non potendo frequentare nessuno o quasi nessuno.
Si lo so, l’ho già fatto anni fa, dopo un lavoro di 10 anni nella stessa Società, nella quale ho trovato una delle famiglie che mi sono ancora accanto; è che quelli come me hanno problemi con i cambiamenti e anche un trasloco da un piano all’altro lo definiscono Trasloco.
IO, che da 15 anni insegno agli altri a uscire dalla loro Comfort zone: sii coerente, non essere ipocrita, mi sono ripetuto. Chi ha superato i quaranta o i cinquant’anni si confronta con due realtà che si possono cosi sintetizzare: 1. Gli uomini e le donne single sono già tutti occupati, o separati con figli “cattivi” che ricordano Carrie lo sguardo di Satana (anche se a me Carrie mi faceva molta simpatia) o “mi tocca iscrivermi su app dove nel migliore dei casi “Faccio ginnastica per pochi minuti” (ma ora c’è il coronavirus) e 2. Per le aziende, soprattutto dagli addetti alle risorse umane, siete considerati come candidati “maturi”, come coloro a cui “qualcosa non è andato come doveva andare”.
Di solito, quello che succede è questo: superata una certa soglia, alcuni smettono di credere in una nuova possibilità di carriera (e di vita) e preferiscono restare dove sono facendo un semplice ragionamento, come la commedia (scritta nel 1870) da G. Giocosa: Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia e non sa quel che trova (vi invito a leggere il testo completo perché tremendamente “odierno”.).
Torniamo alle aziende e ai selezionatori (e alle/agli amanti): escludendo coloro che pensano tu sia “vecchia/o”, i restanti ritengono i candidati oltre i quaranta o i cinquant’anni (giuro, anche i trenta) non solo membri appartenenti alla cosiddetta generazione Over ma professionisti con un bagaglio notevole di esperienza professionale, con le stesse chance di riuscire di un lavoratore giovane, brillante e disponibile a molti sacrifici e meno soldi (ma certamente meno esperto). Tuttavia, il rischio di “sentirsi” esperti navigati ha le sue controindicazioni, ecco perché vanno evitati degli atteggiamenti-tipo che rischiano di mettervi in cattiva luce.
Piccoli consigli da un 40+3; anche con questo nuovo status di “chiusi in casa sempre in tuta ci ha stancato anche il sesso (non sempre), le conoscenze e i colloqui si possono fare ugualmente “a distanza” e quando tutto questo sarà passato persone e aziende si rimetteranno “all’opera”!
Per cui scegliamo una bella giornata di quelle in cui fuori piove, il riscaldamento dentro a casa è al massimo, prepariamo una tisana che ci ricorda quel viaggio per vedere i campi di lavanda, mettiamo l’indumento più carino e comodo che abbiamo (non la tuta) e stiliamo una lista di Cose che non andrebbero fatto durante un colloquio o un appuntamento assolutamente all’aperto per quel #caffècosiciconosciamoinquestomomentocosicomplesso.
Essere troppo sicuri di sé: avete tanta esperienza di vita e professionale e desiderate fare in modo che emerga durante il vostro incontro o dalla lettura del vostro curriculum? Molte persone sopra i 40 o 50 anni si presentano con un atteggiamento del tipo: “Ho fatto tante di quelle cose, conosco persone “che contano”, ho girato tutta Italia e mezza Europa.” Si limitano perciò a presentarsi come dovessero mantenere aggiornato un curriculum impostato cronologicamente. Il curriculum vitae così cresce, fino a raggiungere una lunghezza impressionante, a volte di cinque, sei o più pagine che nessuno leggerà (ad eccezione delle ultime informazioni, che dovrebbero comunque essere all’inizio del documento, gli altri passaggi di carriera non sono considerati, anche se fondamentali). Chi si occupa di risorse umane (o vuole incontrarvi per bere un caffè) non ha tempo per esaminare così tanti dati. Ricordatevi che la prima impressione dura pochi minuti e che un curriculum vitae va letto in ancora meno tempo.
Piacere a tutti i costi: se vi ponete in funzione dell’approvazione assoluta di chi incontrate, rischierete di ritrovarvi bloccati in ogni aspetto di quel rapporto futuro, sviluppando la stessa rabbia e frustrazione che tanto avete voluto abbandonare. Siate voi stessi (o qualcosa di simile): il Sei personaggi in cerca d’autore è il dramma più famoso di Pirandello ma non dimenticate che alla prima il pubblico contestò l’opera urlando la parola: Manicomio (direi che è tutto)!
Non fate confusione con le date: se mai doveste arrivare a un appuntamento o a un colloquio, non dimenticate che alla persona che avete davanti ha già detto o ascoltato qualcosa di voi via telefono, app o mail (spesso troppo) per cui: 1. attenti alle date e agli incarichi (formali e non); 2. confondersi (o mentire) è come raccontare ad un amico le conquiste d’amore di una vita: vi sgamerà subito, sorridendo con sentimento di tenerezza!
Non è l’ultima né l’unica possibilità che avrete: non è questione di “fortuna” ma solo di possibilità. Quante volte avete pensato “non troverò mai un lavoro come quello di prima, nessuno mi amerà come mi ha amato lei/lui?” Forse ci vorrà del tempo ma prima o poi ricapiterà e spesso la Storia ha migliore prospettiva di vita e di successo!
Cosa andrebbe fatto: mettete al centro di tutto le vostre competenze informali e non formali: chi ha avuto il piacere o il dramma di ascoltare prima le vostre parole o ha letto il vostro cv (o visitato uno dei mille profili social) sa già cosa avete studiato, quanti e quali certificati avete ma non sa cosa non avete scritto (perché non riuscivate a trovare le parole per spiegarlo). Parlate di quello che avete appreso senza necessariamente avere dei certificati ufficiali e/o in ambienti più simili alla vita quotidiana (Associazionismo, attività sportive, hobbies). La maggior parte delle persone e molti dei selezionatori apprezzano questi aspetti più “umani” e potrebbero collocarvi fra coloro che possono fare la differenza (nella loro vita o nella loro azienda).
Preparatevi all’imprevisto: il mondo è davvero molto più piccolo di quanto possiate immaginare. Se non siete alla ricerca di un primo impiego (a 40/50 anni?), se avete già esperienze professionali passate (non necessariamente nella stessa città e nello stesso ambito), ci sarà un nome di persona che avete sicuramente condiviso con chi vi sta selezionando. Non fate commenti di alcun genere (e nel caso solo molto diplomatici), potreste trovarvi davanti al marito, alla moglie, l’amante, l’amico. E’ un colloquio di lavoro, non un aperitivo al circolo di società (e in questo momento gli aperitivi non si possono fare se non virtuali).
Se siete arrivati a leggere questo “articolo” (e lo avete finito), vuol dire che state seriamente pensando di cambiare vita. I 30 non sono i nuovi 20 (altrimenti sarei seduto per terra a seguire lezioni all’università, i 40 non sono i nuovi 30 altrimenti penserei solo a feste e come conoscere gente nuova, i 50 non sono i nuovi 40 altrimenti penserei ad un mutuo e a una famiglia (da costruire o da abbandonare). Io personalmente non avrei proprio voglia di ritornare ai 20, ne ai 30 ne ai 40, soprattutto perchè ho un memoria molto corta e chissà che magari non abbia combinato qualcosa che per fortuna ho dimenticato per sempre…
Se vi sentite confuse/i smarrite/i, che sono maggiori le occasioni nelle quali è insopportabile la vostra vita quotidiana, parlatene con qualcuno, scegliete bene, siate voi, forse per la prima volta, a selezionare chi vi può essere di suppporto: la psicologia aiuta.
Francesco Rappoccio, Psicologo